Entra in S. Michele nel 1963 e vi rimane fino al 1972. E’ un periodo di grandi avvenimenti e di grandi cambiamenti a Pietralata. Nel Natale del 1963 il Papa Paolo VI, da poco tornato dalla vista ai Luoghi santi in Palestina, vuole fare visita a Pietralata. “Stamane — dice – mi sono voluto recare a Pietralata perché il Natale qui appare molto più bello e molto più vero”. La notizia della visita papale percorre tutto il mondo, provocando stupore e impressione e molta gente invia a don Ottavio lettere di solidarietà e offerte in danaro, vista la situazione di povertà della zona. Nel 1965 Mons. Cardijn, eletto cardinale, chiede di diventare titolare della Chiesa più povera di Roma e allora il Vaticano eleva a sede cardinalizia la parrocchia di S. Michele (oggi il Titolo è occupato dal Card. Xavier Lozano Barragan) Ma è anche il periodo del cambiamento urbanistico e sociale della zona: già nel settembre 1967 sono pronte le nuove case popolari ai Monti del Pecoraro. La vecchia borgata si trasforma a vista d’occhio e sorgono un po’ dovunque nuovi complessi condominiali e il cavalcavia di via Lanciani avvicina Pietralata al centro città. Si demoliscono le casette di via Flora e nel 1970 anche le ultime baracche di via Pomona vengono definitivamente smantellate. Don Ottavio è rimasto nella memoria di Pietralata: la gente, anche quella che non viene in chiesa, ne parla con facilità in bene. C’è chi lo ricorda presente e attivo in tutti problemi della zona (indimenticabile il suo impegno nell’emergenza degli allagamenti), chi lo ricorda per le cenette fatte in parrocchia o in giro, e c’è chi lo ricorda per la capacità che aveva di far accostare gli uomini alla Confessione. Esuberante, aggressivo, invadente, scanzonato, entrava in tutti gli ambienti e in tutte le case, non escluse le sedi di partito, creava amicizia, rapporti umani, anche con il rischio di qualche malinteso. A don Ottavio va il merito di aver tradotto negli anni del suo ministero le direttive del Concilio Vaticano Il Rinnovamento liturgico: don Ottavio avvia subito i lavori di rinnovamento e ristrutturazione del presbiterio: l’altare viene rivolto al popolo; tutto il presbiterio viene rialzato in modo da essere ben visibile da tutta l’assemblea liturgica; il Crocifisso prende il posto del quadro di S. Michele, al centro del presbiterio, sopra l’altare. Anche la partecipazione dell’assemblea alla liturgia riceve uno scossone: viene abolito il coro che escludeva la partecipazione dei fedeli al canto, vengono proposti canti popolari accompagnati da un piccolo organo elettronico. Rinnovamento organizzativo: don Ottavio cura molto la comunità dei preti da cui dipende la vita della parrocchia: una volta al mese li riunisce per programmare il lavoro da fare e verificare il lavoro già fatto. In questi incontri matura l’idea di suddividere il territorio ormai gigantesco in vice curie e nuove parrocchie: S. Romano, Sant’Atanasio, S. Vincenso Pallotti, San Fedele, i cui parroci fanno vita comune e si affidano all’esperienza di don Ottavio per le attività “interparrocchialr. Rinnovamento pastorale: don Ottavio raduna le persone più attive e disponibili della parrocchia, le struttura in organismo ufficiale, le mette davanti ai problemi pastorali più gravi. Con il Consiglio pastorale don Ottavio affronta il problema della carità in modo veramente serio: traspare un rifiuto dell’aspetto paternalistico della carità e la necessità che la carità non sia un fatto di individui o associazioni, ma un fatto di tutta una comunità di cui gli individui o associazioni sono rappresentanti.
Don Ottavio va al di là dell’assistenza caritativa della parrocchia e si impegna personalmente per la crescita sociale dei suoi parrocchiani: è lui che in prima persona fa la fila perché sia data una casa ai baraccati della zona, ed è sempre lui che bussa alle porte di “chi conta” per ottenere un lavoro per i molti disoccupati.