Quando nel 1983 don Antonio, romano, giunge a Pietralata, trova un quartiere rinnovato: sono sorte le cooperative di via della Dea Opi, di via Fabiani, di via Gemmellaro, sono sorte le nuove case popolari di via Bombicci e di via Gemmellaro. Sono state costruite due nuove scuole, sorge il Centro Anziani di via Pomona. Il livello economico è completamente diverso rispetto al passato: si è ormai lontani da quella povertà vera e propria del periodo bellico e postbellico. Ora esiste una povertà diversa, la povertà dell’emarginazione, della solitudine, del non sentirsi amati, capiti, ascoltati neppure dagli stessi familiari. I problemi emergenti sono quelli dei giovani disadattati, demotivati, senza forti ideali; non ci sono luoghi di aggregazione con finalità ben precise: I luoghi di ritrovo sono alcuni “muretti” della strada. Aumenta il fenomeno dell’uso di droghe. Si perpetuano anche alcune forme di subcultura che, per alcune famiglie si traducono nel vivere di espedienti e alla giornata, lasciando i figli abbandonati a se stessi, e per diversi giovani nel passare il tempo nel piccolo teppismo. Non meno grave è il problema degli anziani soli. sempre più numerosi e senza assistenza. Don Antonio rileva che la parrocchia è emarginata non solo come ubicazione ma anche come centro di interesse e di attrazione per gli abitanti del territorio. Come impegno pastorale don Antonio pone perciò la riconciliazione tra gli abitanti e la parrocchia e tra gli abitanti dello stesso quartiere. Mette come componenti della sua azione pastorale la priorità dell’Evangelizzazione sui Sacramenti, l’impostazione comunitaria della parrocchia, superando la frammentazione dei gruppi, e la necessità dell’apertura della parrocchia al territorio, facendone suoi i problemi, le attese e le speranze. Durante i suoi anni a Pietralata (fino al 1998) don Antonio fa emergere in tanti la coscienza che, per farsi carico dei problemi del territorio, occorre crescere e vivere in comunione e che, per essere strumenti di evangelizzazione, bisogna esser evangelizzati. In questi anni uno degli impegni di priorità della parrocchia è la formazione degli operatori parrocchiali. Abbiamo così la formazione di un buon numero di catechisti tra giovani coppie e giovani per il servizio della catechesi ad altri giovani. Responsabilizzare i giovani per la catechesi ad altri giovani risulta una intuizione felice: questi giovani, proprio per la loro età, sono in grado di capire di più e di essere vicini veri dei ragazzi di qualche anno più piccoli di loro. La qualificazione spirituale dei catechisti e operatori pastorali parrocchiali è perseguita con costanza e metodicità attraverso il confronto con la Parola di Dio nel gruppo, la preghiera personale quotidiana, il ritiro mensile e la verifica periodica nella Confessione e direzione spirituale. E non dimentichiamo i lavori svolti da don Antonio per dare alla chiesa e a tutto il complesso parrocchiale con uno stile non ricercato, ma pulito, indispensabile incentivo per favorire la partecipazione delle persone.